25 Aprile 2018
25 aprile, Palazzo Moroni, Intervento di saluti di Arturo Lorenzoni
Rivolgo il mio saluto più cordiale alle Autorità civili, militari e religiose, a tutte le associazioni presenti, a tutti coloro che la liberazione del 25 aprile la vissero e la portano nella propria memoria in modo indelebile.
Per la maggior parte di noi questa è una festa della memoria e del ricordo, essendo nati dopo il 1945.
Ma è l'occasione di celebrare la nostra storia in chiave di riconciliazione e unità nazionale; è l'opportunità di ricordare e ribadire TUTTI i valori, senza eccezioni e scuse, su cui si fonda la nostra Repubblica, per superare divisioni e conflittualità, vecchie e nuove.
Una festa che vuole unire e non dividere il Paese, aiutandoci a condividere i valori fondanti della nostra Repubblica e della nostra Democrazia: la pace, la solidarietà, la fratellanza, il rispetto dei diritti umani, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali", come recita l'articolo 3 della Costituzione.
Come succede il 14 luglio in Francia e il 4 luglio negli Stati Uniti d'America. In quei Paesi, nonostante siano passati oltre due secoli dalla presa della Bastiglia e dalla Dichiarazione di Indipendenza, tutti insieme ricordano i valori fondanti della democrazia. Senza alcun dubbio su ciò su cui si basa lo stare insieme di una comunità nazionale.
La Resistenza ci insegna che molti giovani hanno dato la vita per ideali la cui trasposizione attuale sono l'impegno civile e politico per una società più giusta, più equa, più rispettosa delle libertà e dei diritti fondamentali.
Le prove, i sacrifici e il sangue dei martiri di allora sono monito ed esempio di ciò che anche noi siamo chiamati a fare, in termini di assunzione di responsabilità, legalità e servizio per il Paese:
la lotta alle mafie, la lotta alla corruzione, la lotta all'esclusione sociale, amore e passione per una rigenerazione che oggi deve essere anzi tutto civile e morale.
Siamo chiamati a costruire ponti, cercare nuovi fattori di comunione e a DARE nuovi esempi, perché ciascuno sappia e voglia fare la propria parte, senza l'alibi che ci debba pensare qualcun altro.
Nulla di quanto conquistato nell'aprile del '45 può essere dato per acquisito. Oggi vi sono molte situazioni in cui i valori di rispetto, uguaglianza, fraternità su cui si basa la convivenza civile sono ignorati in modo palese, ferendo la dignità dell'Uomo. La Siria, il Sudan, la Nigeria, il Congo, l'Eritrea, la Turchia sono alcuni esempi in cui lo sconfitto è l'Uomo, al di là di ogni uso ripugnante della violenza.
Ieri il Presidente Mattarella ha sottolineato che la Resistenza e i suoi valori vanno ricordati perché «in tanti Paesi» sembrano «attenuarsi gli anticorpi» alla violenza, e affiorano «rigurgiti di autoritarismo, di negazionismi, di indifferenza rispetto ai fondamentali diritti della persona, di antisemitismo».
Non lo possiamo permettere.
Da Universitario mi torna alla mente l'appello da brividi rivolto agli studenti dal Rettore Concetto Marchesi nel 1943, perché non stessero indifferenti:
Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro i sicari c'è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto o ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c'è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.
La risposta all'appello del Rettore Marchesi ci fu. E fu così forte che ancora oggi ne beneficiamo. Dalla lacerazione di quel conflitto abbiamo compreso che Memoria e Ricordo non possono servire per rinfocolare le diversità e i conflitti, ma solo per richiamarci la necessità di trovare la forza della nostra comunità nella condivisione dei valori su cui il nostro Stato è fondato.
Teniamo alta la guardia e non sottovalutiamo alcun segnale, perché il seme della intolleranza e della violenza è perennemente in agguato, in modo subdolo a inizialmente invisibile.
Abbiamo un compito irrinunciabile, trasmettere la memoria alle nuove generazioni, sollecitandole a fare la loro parte. Per questo Padova ospita il Giardino dei Giusti, dove sono ricordati coloro che hanno subito angherie, ingiustizie, persecuzioni per essere stati dalla parte degli ultimi, difendendo le vittime dalle violenze dei carnefici.
Non accettiamo mai una gestione della cosa pubblica che distingua in qualsiasi modo un NOI e un LORO:
Ogniqualvolta accettiamo l'idea che ci sia un noi e un loro creiamo una divisione, un muro, una contrapposizione e di conseguenza un conflitto.
Sforziamoci sempre, tutti, di conciliare le nostre diversità in soluzioni che non siano riferite alle appartenenze.
I valori che ci ha consegnato il movimento di LIBERAZIONE sono alti e nitidi: la libertà non può accettare distinzioni tra persone, tra gruppi, tra nazioni.
La libertà è tale solo se è per tutti.
Quando ce ne dovessimo dimenticare, per ignoranza o per colpevole scelta di discriminazione, porremmo le basi per nuovi conflitti e nuove povertà.
L'auspicio che rivolgo a tutti noi è di essere aperti e capaci di dialogare con tutti: mai avremmo vinto sul nazifascismo senza un'alleanza forte tra tutte le forze democratiche del paese, anche ideologicamente molto diverse.
Di questo ha bisogno Padova, di questo ha bisogno l'Italia, di questo ha bisogno l'Europa.
Di questo ha bisogno ciascuno di noi e il mondo per vivere in Pace.
Leggi la Lettera ai Veneti di Arturo